venerdì 30 agosto 2019

UNA QUESTIONE CENTRALE PER LA PROFESSIONE IN VISTA DELLE PROSSIME ELEZIONI ALL'ORDINE: pochissime righe per stimolare l'attenzione su una problematica di grande interesse sociale oltre che professionale Perché l’Ordine dovrebbe impegnarsi a mettere al centro dei propri obiettivi la diffusione delle psicoterapie nella sanità pubblica e/o in regime di collaborazione? Per cominciare, una statistica significativa: attualmente i Dipartimenti di salute mentale presenti sul territorio nazionale sono in grado di fornire solo il 55% dell'assistenza necessaria relativamente al fabbisogno di psicoterapia e riabilitazione psichiatrica.  A fornirla è la  Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica il cui presidente, Fabrizio Starace, ha dichiarato :“Sarà difficile trovare delle realtà in grado di applicare gli standard richiesti. Nei Centri di salute mentale gli interventi psicoterapici, cardini nella cura di schizofrenia, depressione e ansia sono garantiti a un paziente su dieci. Con pochi psicologi a disposizione e lunghe liste di attesa si è costretti a ricorrere all’intervento farmacologico, una sconfitta per tutti”. Secondo i dati disponibili solo il 6,5% delle attività dei Dipartimenti è deputata ai trattamenti psicoterapeutici (nella maggior parte svolti da psicologi-psicoterapeuti) mentre il 31,2% degli interventi è rappresentato da attività infermieristiche a domicilio e nel territorio, il 24,1% da attività psichiatrica, il 15,6% da attività di riabilitazione e risocializzazione territoriale, e il 6% da attività di coordinamento; la quota restante riguarda attività rivolta alla famiglia e attività di supporto. Va sottolineato anche che per il futuro si prevede un significativo incremento dei disturbi mentali necessitanti di cure a forte impronta psicoterapeutica." Potranno poche decine di posti, banditi dalla Regione Campania sopperire a questa mancanza oppure l'ordine dovrebbe osare molto, ma molto di più? Pasquale, Francesco Califano 🤔

AUTISMO E PREVENZIONE

Cari lettori, In vista della giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo di martedì 2 aprile 2019, vorrei dire qualcosa che potrebbe tornare utili a tutta la comunità in un futuro avvenire. L’autismo è un disturbo dello sviluppo, la cui origine neurobiologica è ormai riconosciuta ed i cui criteri diagnostici sono chiaramente definiti. Questi criteri sono oggetto di un consenso internazionale, e l’autismo è definito a partire dall’associazione di anomalie qualitative negli ambiti dell’interazione sociale, da disturbi della comunicazione e da caratteristiche di comportamento rigido e stereotipato. La diagnosi d’autismo, purtroppo, viene effettuata ancora relativamente tardi, poiché la maggior parte dei bambini la riceve attorno ai 4 anni; Viene generalmente formulata dopo due anni da ché i genitori hanno iniziato a preoccuparsi ed a ricercare un aiuto (Howlin e Moore, 1997). Tuttavia, dei professionisti esperti potrebbero riconoscere i sintomi dell’autismo molto più precocemente, tra i 12 e i 13 mesi (Fombonne e De Giacomo, 2000). L’identificazione precoce dell’autismo rappresenta una sfida importante poiché apre delle possibilità di presa a carico ad un’età dove alcuni processi di sviluppo possono ancora venire modificati. Le ricerche che valutano gli effetti di un intervento precoce mostrano che i bambini beneficiari di tali interventi presentano dei progressi significativi sul piano cognitivo, emotivo e sociale; Si riscontra  un’accelerazione del ritmo di sviluppo con una crescita del quoziente d’intelligenza (QI), dei progressi nel linguaggio, un miglioramento dei comportamenti e una diminuzione dei sintomi del disturbo autistico. Questi progressi sopravvengono in 1 o 2 anni d’intervento precoce e intensivo, e la maggioranza dei bambini presi a carico (73 %) accede ad un linguaggio funzionale alla fine del periodo d’intervento (in generale attorno ai 5 anni). I benefici del trattamento rimangono costanti in seguito. Nella pratica, il ritardo nell’identificazione dei segni precoci dell’autismo è legato a diversi fattori: I genitori non possono percepire dei comportamenti devianti rispetto allo sviluppo normale, soprattutto, mancando loro l’esperienza, quando il bambino è il primo figlio; Succede anche che alcuni medici, poco familiarizzati con la sintomatologia precoce dell’autismo, ne banalizzano  i primi segnali e si mostrano rassicuranti nei confronti dei famigliari; Infine, gli ambiti che accolgono dei bambini piccoli non sono sufficientemente sensibilizzati, aspettando così troppo prima di allarmare la famiglia affinché il bambino sia indirizzato ad uno specialista. La diagnosi,  precoce è, quindi,  appannaggio di specialisti attenti, poiché i primi indicatori affidabili concernono soprattutto anomalie qualitative talvolta molto lievi del comportamento sociale. Non esiste un metodo sufficientemente affidabile precoce che possa venir utilizzato da professionisti non sufficientemente formati in autismo. Per più di un quinquennio, nel pubblico, mi sono occupato di bambini nati pre-temine (esiste un rapporto di correlazione significativo tra nascita pre-temine ed autismo) e di bambini che avevano un fratellino o una sorellina con un disturbo dello spettro autistico ( anche in questo caso esiste un stretto rapporto, c'è la probabilità del 50 per cento che un bambino possa essere autistico se ha un fratello o una sorella autistica). Ho visto questi bambini accompagnati dai loro genitori dall'età di tre mesi circa fino al conseguimento del secondo anno di vita a cadenza mensile. Perché fino ai due anni di età? A livello neurobiologico a quest'età la maturazione cerebrale è per il 50 per cento completata. L'altro cinquanta per cento si svilupperà entro un arco di tempo che va dai due ai dodici anni. In effetti, a livello neurobiologico, un bambino di due anni è già "vecchio".  Tutto questo lavoro di prevenzione è stato possibile attraverso l'uso di una tecnica - attualmente utilizzata per la formazione degli psicanalisti infantili alla Tavistock clinic di Londra - che prende il nome "infant observation". Allo stato attuale non c'è altro modo per fare una valutazione precoce al rischio autismo, non ci sono altre modalità: non ci sono  bio-marcatori , nessuna analisi del sangue, tac ...o tecniche di neuroimaging che possa aiutarci in questo. Ci si affida all'osservazione di quei segni che si presentano nell'interazione , l'esperto è quindi interessato a tutto ciò che comprensibilmente è  parte della semiotica interattiva. Nemmeno un approccio  puramente psichiatrico ci può aiutare, che è vero che osserva i segni ma fuori da una semiotica interattiva. La prevenzione al rischio autismo è già una realtà in altri paesi europei come ad esempio in Francia, al dipartimento di Maine et- Loire. Le équipe di psichiatria infantile, al dipartimento di Maine et- Loire, da più di qualche decennio,  hanno dato il via a una dinamica di formazione su diversi livelli: 1. una formazione specifica sull'autismo, la relativa psicopatologia e le modalità di assistenza da parte delle Strutture; 2 una formazione sui bambini, così da poter accogliere e assistere bambini con difficoltà di interazione; 3. una formazione sul metodo dell'osservazione diretta (infant observation), così come è stato proposto da E. Bick, da offrire a medici e paramedici volontari di diverse équipe del dipartimento che accoglie bambini autistici. In parallelo, è stata realizzata una campagna di sensibilizzazione alla pediatria presso medici e paramedici di psichiatria infantile da parte dei pediatri del CAMSP, di neuropediatria, genetica, neonatologia ecc. La prevenzione al rischio autismo si può fare, basta che le Asl si attrezzino e che soprattutto l'opinione pubblica venga sensibilizzata, acquisendo maggiore consapevolezza. Un caro saluto a tutti!
Il contributo della psicoterapia ai disturbi dello spettro autistico L'impostazione della ricerca in psicoterapia è profondamente mutata in questi ultimi anni: superando la vecchia dicotomia tra ricerca sul risultato o sul processo, è diventata una “ricerca sui processi di cambiamento” che mira ad “identificare, descrivere, spiegare e prevedere gli effetti dei pro- cessi che sono all'origine del cambiamento terapeutico” (Greenberg, 1986). Si è quindi passati dalla domanda: la psicoterapia è efficace? alle domande come, perché ed in quali condizioni una psicoterapia è efficace. Per riuscire a rispondere ad esse è necessario chiamare in gioco molti fattori, come evidenzia anche l'American Psychological Association (APA, 2005): il paziente, il terapeuta, la loro interazione. È necessario inoltre prestare attenzione alla cronologia dei cambiamenti, considerare una serie di mediatori capaci di incidere sul processo in atto ed infine utilizzare, al momento della valutazione dei risultati della psicoterapia, approcci individualizzati e qualitativi. Il confronto continuo e la collaborazione tra clinici e ricercatori è elemento fondante ed imprescindibile. In questi ultimi anni, all'interno dei progetti di ricerca, vi è stata l'introduzione su larga scala di studi naturalistici ed osservativi. In questo ambito lo studio che rappresenta di più questo cambiamento è quello condotto dall'Istituto Nazionale Francese di Ricerca per la Salute e la Medicina (INSERM). Questo istituto pubblico dal 2008 ha la responsabilità del coordinamento strategico, scientifico ed operativo della ricerca biomedica francese sotto l'autorità congiunta del Ministero della Salute, del Ministero della Ricerca e in partnership con team e laboratori di ricerca di altre nazioni europee. Il progetto di ricerca approvato dall'INSERM, è nato su proposta della CIPPA (Coordinamento Internazionale degli Psicoterapeuti e Psicoanalisti che si occupano di persone con autismo) e coordinato da Golse, Haag e Bar- thélémy con la collaborazione di Falissard, Thurin e Thurin per la metodologia e il rapporto con i ricercatori. È stato avviato in Francia nel 2008, si è poi esteso anche ad altri paesi europei e nel 2009 l'Italia è entrata a farne parte. Il gruppo italiano è formato da 28 psicoterapeuti appartenenti a differenti associazioni psicoanalitiche (AIPPI, CSMH-AMHPPIA, ASNE- SIPSIA, ASP, CISPP, CSA, SPI), distribuiti dal Nord al Sud dell'Italia (per approfondimenti vedi: autismoricercainserm.wordpress.com). L'obiettivo del progetto è verificare l'efficacia o meno della psicoterapia, di diversi orientamenti, con bambini e adolescenti con autismo, misurandone gli esiti e il processo che li ha generati, valutando non solo il terapeuta, il paziente e la loro relazione ma anche gli elementi del contesto capaci di esercitare un'influenza: la scuola, i servizi, l'ambito familiare, la storia personale e familiare. Sono stati a tal fine utilizzati diversi strumenti (vedi tabella). La ricerca si compone di studi basati su casi singoli (single case design; Kazdin, 2010) seguendo un protocollo di studio per il periodo di un anno in cui il clinico svolge la psicoterapia nelle consuete condizioni. I dati vengono raccolti in 4 tempi: all'inizio, a 2, 6 e 12 mesi. Focus dell'indagine sono i cambiamenti, o meno, nel bambino e nel processo interno della psicoterapia: in sostanza tutto ciò che caratterizza il paziente e i suoi problemi, il terapeuta e la sua tecnica, e la loro interazione durante la terapia. Le quotazioni degli strumenti vengono fatte dal clinico e dal gruppo prima individualmente e poi, attraverso una discussione, si arriva ad una valutazione condivisa. La procedura d'accordo inter-giudici è stata validata da uno studio pilota iniziale (Briffault et al., 2007). Strumenti della ricerca INSERM Scala dei comportamenti autistici (ECAR-T; Barthélémy et al. 1997; Lelord-Barthélémy 2003). È una scala che permette di misurare l'andamento dei comportamenti autistici in generale e secondo due dimensioni specifiche, deficit relazionale e modulazione emotiva. Scala di Valutazione Psicodinamica dei Cambiamenti nell'Autismo (EPCA; Haag et al. 2010). Misura gli stadi evolutivi dell'autismo, la patologia, lo sviluppo e le principali acquisizioni che lo accompagnano secondo 8 dimensioni: l'espressione delle emozioni nelle relazioni, lo sguardo e la sua qualità, l'immagine del corpo, il linguaggio verbale, le capacità grafiche, l'esplorazione dello spazio e degli oggetti, lo sviluppo del concetto del tempo, le manifestazioni legate all'aggressività. Questionario di Processo Psicoterapeutico nel Bambino (CPQ; Child Psychotherapy Q-set; Schneider e Jones 2006) che permette di descrivere il processo interno alla psicoterapia per quanto riguarda il paziente, il terapeuta e la loro interazione. I primi risultati già pubblicati, relativi a 50 casi, indicano che la psicoterapia svolta da clinici formati nel campo dell'autismo e che lavorano in un'ottica di apertura con l'esterno e con la famiglia, produce alcuni cambiamenti statisticamente significativi (Thurin, 2014), soprattutto nella iniziativa di interazione sociale, nell'igiene personale, nel linguaggio e nell'espressione grafica. Miglioramenti, ma non statisticamente significativi, sono stati rilevati anche nelle abilità di gioco simbolico, nella nozione di tempo lineare, nella tolleranza alla separazione e in un minore ricorso alla stereotipia. I progressi migliori si collocano invece nelle fasce di età inferiori, in sintonia con la letteratura esistente. Per quello che riguarda invece i meccanismi di azione della psicoterapia si evidenza come siano potenziali agenti di cambiamento: l'adattamento del terapeuta al livello del bambino, il suo atteggiamento proattivo, il contenimento affettivo, la verbalizzazione degli affetti. L'approccio messo in atto dal terapeuta, inoltre, sembra essere influenzato per una parte importante dalle possibilità che sono offerte dal tipo di fun zionamento del bambino.

QUALE PSICOTERAPIA PER MIA/MIO FIGLIA/O?

Molti genitori si chiedono come scegliere uno psicoterapeuta per il loro figlio. Si chiedono, dunque, come fare una scelta consapevole e di qualità. Prima di rispondere alla domanda, vorrei fare una breve premessa che può risultare propedeutica alla risposta. In psicologia, diversamente da alcune ed altre discipline, tra cui la stessa medicina, esiste un vuoto normativo che spero venga al più presto affrontato e sanato innanzitutto dall'ordine degli psicologi. Nello specifico, non esiste una norma che disciplina - e ovviamente considera eventuali sanzioni a chi la infrange - che chi si forma per svolgere una psicoterapia, ad esempio con bambini, deve rimanere ancorato, obbligatoriamente, a questa scelta ( a meno che non abbia anche una formazione per gli adulti) e chi , viceversa, si forma per svolgere una psicoterapia con gli adulti deve fare allo stesso modo. Purtroppo, a causa di questa mancanza, oggi, tutti possono fare tutto! Questa distinzione che metto in evidenza , anche se non sottoposta a nessuna normativa, nella sostanza c'è e nella pratica è pienamente condivisibile per il semplice e non trascurabile motivo che una psicoterapia infantile é diversa da quella che si rivolge agli adulti : nella tecnica , nella teoria e soprattutto nella clinica. Le differenze, dunque, sono sostanziali e non formali. Per rendere meglio l'idea, preferisco fare qualche esempio: e come se per mio figlio che ha un problema di salute mi rivolgessi ad un medico generico piuttosto che ad un pediatra; oppure , continuando con qualche esempio ancora, e come se io per un problema cardiaco mi rivolgessi ad un ortopedico e così via. Gli esempi che potrei fare sono innumerevoli ma penso che questi pochi fatti possano rendere bene il concetto. Fintantoché la questione non verrà affrontata, il rischio di non trovare adeguate risposte al disagio è ovviamente alto. Allora, alla domanda dei genitori "quale psicoterapeuta per mio figlio? Rispondo: bisogna chiedere al professionista a cui ci si rivolge se ha una specializzazione per i bambini e se risultasse evasivo in tal senso chiedere di esibire il titolo. Inoltre se io fossi il papà o la mamma del bambino / a chiederei qualcosa in più al professionista, per avere maggiori garanzie, senza farmi il problema di essere troppo sfacciato, di sapere se si è sottoposto ad un analisi personale prima di intraprendere questo DELICATISSIMO lavoro poiché la mente del terapeuta non è assolutissimamente un aspetto da sottovalutare. Spero di aver risposto alla vostra domanda ma qualora aveste qualche dubbio sappiate che potete contattarmi per qualsiasi ragguaglio. Saluti a tutti!
Dr. Pasquale Califano Psicologo Clinico e di Comunità - Psicoanalista Infantile - Psicoterapeuta specialista in infanzia adolescenza e famiglia - Ordinario e membro del comitato scientifico dell’A.I.P.P.I. - Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile - Tavistock Clinic di Londra, membro della sezione italiana European Federation of Psychoanalytic Psychotherapy (S.I.E.F.P.P.) e dell'Associazione dei Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell'Adolescente (A.G.I.P.Ps.A) - Socio dell’ Associazione Italiana di Gruppoanalisi “Il Cerchio” C.O.I.R.A.G. - Ricercatore nell'ambito dei disturbi dello spettro autistico  presso l' A.I.P.P.I. che collabora con il C.I.P.P.A. - Coordinamento Internazionale degli psicoterapeuti e psicoanalisti che si occupano di persone con autismo, che aderisce al progetto dell' Institut National de Santé et de Recherche Médicale (INSERM) per la valutazione dell’efficacia della psicoterapia psicoanalitica su pazienti affetti da disturbi dello spettro autistico.

venerdì 21 luglio 2017

giovedì 8 giugno 2017

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- Psicologo Clinico e di Comunità - Psicoanalista Infantile - Psicoterapeuta specialista in infanzia adolescenza e famiglia - Ordinario e membro del comitato scientifico dell’A.I.P.P.I. - Associazione Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica Infantile - Tavistock Clinic di Londra, membro della sezione italiana European Federation of Psychoanalytic Psychotherapy (S.I.E.F.P.P.) e dell'Associazione dei Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell'Adolescente (A.G.I.P.Ps.A) - Socio dell’ Associazione Italiana di Gruppoanalisi “Il Cerchio” C.O.I.R.A.G. - Ricercatore nell'ambito dei disturbi dello spettro autistico  presso l' A.I.P.P.I. che collabora con il C.I.P.P.A. - Coordinamento Internazionale degli psicoterapeuti e psicoanalisti che si occupano di persone con autismo, che aderisce al progetto dell' Institut National de Santé et de Recherche Médicale (INSERM) per la valutazione dell’efficacia della psicoterapia psicoanalitica su pazienti affetti da disturbi dello spettro